mercoledì 25 giugno 2008

Storie dal Borgo: la triste realtà di chi necessita aiuto

Arrivare in Italia con la speranza di una vita migliore. A volte semplicemente con la speranza di vivere, in fuga dalla propria terra; lasciata per scampare a guerre e violenze.
La speranza di vivere meglio. Ma soprattutto la speranza di arrivare. Perché se il sogno di venire in Europa per ricominciare una vita non è semplice da realizzare, già il primo passo, arrivare appunto, è spesso una chimera.
Siamo stati a Borgo Mezzanone, nella Parrocchia della Madonna del Grano.
Qui lavora don Domenico, che insieme alla Caritas, si offre da ponte tra i richiedenti asilo del CPA e il mondo esterno. E’ infatti qui che molti “migranti” da paesi in guerra vengono “accolti” dopo l’approdo a Lampedusa. La Caritas funge da centro ascolto e punto informativo per quanti, non conoscendo la nostra lingua e la nostra burocrazia, hanno difficoltà finanche a compilare la richiesta per ottenere lo status di “rifugiati politici”.
E proprio qui abbiamo ascoltato la storia di un ragazzo liberiano, giunto in Italia due settimane fa. La sua barca, con circa 60 persone a bordo, è riuscita ad approdare sulle coste di Lampedusa. Un’altra, partita insieme alla prima, non ce l’ha fatta. Riuscire a salire su queste barche è di per sé un ‘impresa. Oltre a dover avere i soldi necessari per “comprare un biglietto” (che solitamente si aggira sopra i 1000 euro), bisogna attendere che una barca sia disposta a partire. Per questo biglietto ci dicono che di solito ci si vende i mobili e anche la casa. Il ragazzo della Liberia ci racconta che ha dovuto aspettare in Libia (è da lì che partono quasi tutte le imbarcazioni) tre mesi, in stato di clandestinità, costretto a nascondersi per evitare di essere mandato indietro a casa.
Arrivare qui a Borgo Mezzanone è quindi già un mezzo miracolo. Una volta qui e compilata la richiesta, bisogna tenere un colloquio con una Commissione (della quale fanno parte, tra gli altri, un Alto Funzionario Onu e il Prefetto di Foggia) che valuta caso per caso, se concedere o meno l’asilo politico. I principi valutativi sono molto arbitrari. Ad un richiedente gli è stato chiesto di disegnare la banconota da 10 dollari del suo paese.
Se la Commissione non da l’OK, i “migranti” vengono trasferiti nei CPT, dove si può restare in attesa di rimpatrio anche per diciotto mesi. Diciotto mesi di “prigionia”, visto che non è possibile allontanarsi dalla struttura, prima di un “rientro a casa” che in molti casi significa oppressione, violenze, miseria e non ultimo la morte.

Giuseppe Barrassi

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