sabato 31 maggio 2008

La morte della compassione

Ringrazio tutti coloro che ci hanno seguito in questi giorni, con così tante animate discussioni... Ma andiamo avanti, nel foggiano, nuovi orrori, questa volta terapeutici, si presentano. L'articolo è preso da micromega, c'è anche una petizione per chi volesse partecipare (http://minimokarma.blogsome.com/2008/05/12/una-firma-per-davide/).
LauraP.



Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci sono malformazioni incompatibili con la vita per le quali la rianimazione non deve essere intrapresa o le cure intensive devono essere interrotte perché configurerebbero solo un atto di accanimento terapeutico, tra queste la Sindrome di Potter o agenesia renale bilaterale. In questa condizione i reni del feto non si sono sviluppati, la vita fetale è permessa dalla placenta ma la vita extrauterina è impossibile. Anche altri organi subiscono danni per la mancanza dei reni, tra questi polmoni e scheletro.
I bambini con sindrome di Potter non hanno reni, hanno polmoni iposviluppati e mal funzionanti, hanno dimorfismi del viso e dello scheletro, altri settori dell’apparato urinario possono mancare. Se rianimati e tenuti in vita hanno necessità di essere ventilati con un respiratore e di eseguire dialisi. Queste terapie, comunque aggressive, invasive, dolorose, possono forse funzionare per giorni o settimane, dopo di che l’unica ipotesi può essere il trapianto renale, trapianto che, ancorché possibile, è gravato nel primo anno di vita da enormi insuccessi ed espone il neonato ai danni della terapia immunosoppressiva.
A mia conoscenza, non vi sono casi di sindromi di Potter rianimate, dializzate, trapiantate e quindi sopravvissute. Per questo motivo, l’OMS suggerisce la non rianimazione alla nascita. Questo non significa che i neonati non debbano esser curati, ma che per loro sono indicate le cure palliative, scelta terapeutica con la stessa dignità delle cure intensive. Parte integrante del trattamento diventa anche la cura della famiglia prestando ascolto e dando assoluta priorità ai desideri dei genitori. Tali concetti fanno parte del patrimonio culturale dei neonatologi di tutto il mondo e sono espressi nelle linee guida per la rianimazione neonatale (ILCOR) che sono la base del nostro comportamento assistenziale, sono ribadite da insigni studiosi (Leuthner S 2004, Avery 2004, per citarne due). Il parere dei genitori, se palesemente in contrasto con i diritti del figlio, può esser saltato solo di fronte a terapie salva-vita, non certo a tentativi sperimentali.
Quando muore la compassione può accadere che il tran-tran delle macchine di una terapia intensiva, il luccichio di aghi e rubinetti, l’invasione di tubi e cateteri, rubi una persona alla sua famiglia, tolga un neonato dalle braccia di sua madre, sottoponga a cure inutili, palesemente inutili, universalmente considerate inutili, una creatura che sta morendo. Quando i medici diventano SOLO laureati in medicina, può accadere che suggeriscano al giudice di strappare quel bambino dalle braccia, dalla tutela, dall’amore di chi lo ha messo al mondo.
Quando i giudici non ascoltano, o ascoltano chi non conosce veramente ed onestamente la medicina, può accadere che regalino quel neonato ad una “struttura” togliendolo, per decreto, ad una madre.
In questo mondo delirante, che ha perso di vista l’uomo e la sua umanità, nell’ipotesi migliore per mancanza di amore e compassione, nell’ipotesi peggiore perché sacrifica un bambino e la sua famiglia a logiche di tecnologia, pubblicità, sperimentazione, fanatismo, è stato fatto un male infinito ad un bambino ed ai suoi genitori: il bambino sottoposto, per decreto, a cure inutili e dolorose; i genitori perché strappati da quel figlio, accusati della peggiore accusa: agire contro l’interesse del proprio bambino. I dubbi di quei genitori non solo sono legittimi, ma segno di grande profondità: genitori veri che hanno compreso l’enorme problema del figlio e che vogliono fare appieno il loro dovere: dare un consenso solo dopo essersi profondamente convinti sulla migliore assistenza per il loro bambino.
La rianimazione per forza, e soprattutto nelle malformazioni incompatibili con la vita, è un atto di inaudita violenza che non sarebbe tollerato in nessun paese civile del mondo e non trova appoggio in alcuna comunità scientifica che io conosca. Le cure palliative sono scelte terapeutiche a tutti gli effetti, ben definite e con precise indicazioni. Mi auguro fortemente che quel Tribunale renda quel figlio a quei genitori, che la comunità si scusi, che quel padre e quella madre, così infinitamente scossi dalla nascita di un bimbo con tali problemi e destinato ad una inevitabile fine precoce, ancor più traumatizzati dalla pressante idiozia di cure intensive senza senso, irresponsabilmente distrutti da un giudizio immeritato di incapacità genitoriale, possano perdonare un mondo di laureati in medicina che ha dimenticato la compassione.

*
neonatologa

(30 maggio 2008)

mercoledì 28 maggio 2008

Polacchi a Foggia: furono trattati da schiavi

Lo scrive il gup di Bari Antonio Lovecchio nelle 224 pagine di motivazione della sentenza con cui, il 22 febbraio scorso, ha inflitto 17 condanne a pene comprese tra i quattro e i dieci anni di reclusione ad altrettanti imputati

BARI - I cittadini polacchi che, tra il 2004 e il 2005, sono stati ridotti in schiavitù da loro connazionali nei campi di pomodoro del foggiano hanno subito lo stesso trattamento che il mondo romano classico riservava agli schiavi: «sostituivano le macchine ed erano, per ciò solo, fonte di ricchezza, senza costo alcuno o con un costo irrisorio». Lo scrive il gup di Bari Antonio Lovecchio nelle 224 pagine di motivazione della sentenza con cui, il 22 febbraio scorso, ha inflitto 17 condanne a pene comprese tra i quattro e i dieci anni di reclusione ad altrettanti imputati (in gran parte cittadini polacchi) giudicati con rito abbreviato e ritenuti colpevoli di aver preso parte ad un’associazione internazionale finalizzata alla tratta e alla riduzione in schiavitù. Così come avveniva per gli schiavi – sostiene il giudice – anche i polacchi hanno subito un controllo sul lavoro svolto «senza limiti temporali e solo al termine della giornata lavorativa, potevano ricevere cibo e alloggio». Se questa ricostruzione storica – conclude il gup – «fosse riprodotta in un disegno su lucido sarebbe agevole constatare la perfetta sovrapponibilità dello stesso con il dipinto tratto dalle risultanze della presente indagine».

tratto da "La Gazzetta del Mezzogiorno".

sabato 24 maggio 2008

Riflessioni socio-culturali sul neo-fascismo foggiano

L’aggressione fascista avvenuta a Verona e solo l’ultima , più tragica ed eclatante a livello mediatico , manifestazione della violenza nera, che negli ultimi decenni ha potuto covare, indisturbata, un pericoloso radicamento e una subdola diffusione sul territorio nazionale.Nei tempi bui in cui viviamo è facile l’arruolamento di giovani che nella violenza canalizzano le proprie paure e mancanze di prospettive. A Foggia di prospettive ne mancano parecchie , oltre ad essere una città tendenzialmente nera, perciò anche qui Forza nuova è diventata col tempo una realtà sempre più numerosa e aggressiva! Nel giro di pochi anni gli adepti si sono moltiplicati, da "4 gatti" ora sono circa una quindicina ; tutti “arianissimi” foggiani che si aggirano con aria spavalda e di sfida in luoghi frequentati e centrali (al “cicchettaro”, al "Bar 2000" , alla "Ghiacciaia", al “Gaas” , per dirne alcuni). L'arruolamento è facile in una città dove la violenza è considerata un codice irrinunciabile per preservare il proprio onore e per manifestare la stessa; essa è inscritta nel modo d’essere, è propria dell’habitus culturale del foggiano di tipo più diffuso. L’essere uomo sta nel non perdere nessuna provocazione, nel non fare sconti a nessuno , nel farsi rispettare: pensate alle “risse del sabato sera” , i cui eroici protagonisti cercano riconoscimento e consenso sociale davanti agli spettatori, che inermi o inerti , assistono al rito locale, magari con soddisfazione. Se a una violenza culturalmente promossa e accettata se ne unisce una “ideologicamente testata” in un epoca di “caccia al diverso”, è reale il rischio che Forza Nuova conquisti un potere più profondo e che si ripetano agguati o aggressioni , come l’ultima di sabato in “piazzetta” contro un “capellone”. L’ultima presa di posizione contro le iniziative fasciste risalgono a marzo scorso, quando l’Opera Nomadi condannò l’affisione di manifesti contro i rom o romeni , che per loro sono la stessa cosa, davanti a scuole elementari frequentate da ragazzini del campo di via S.Severo. La città sembra non averne paura.
Nessuno se ne meraviglia?

Laura

venerdì 23 maggio 2008

Foggia come Verona?

Anche se sui canali mediatici ufficiali locali non se ne è parlato, non vuol dire che non sia successo.
I FATTI. Tre episodi di intolleranza si sono verificati nelle notti di venerdì e sabato scorso. Alcuni balordi, probabilmente adepti ed esponenti di Forza Nuova, hanno dapprima minacciato e cercato di intimorire un ragazzo (venerdì), reo di vestirsi in maniera differente dalle loro "ideologie di vestiario", dicendogli che "la prossima volta, non la passi liscia"; la sera dopo, non paghi della loro codarda superbia, hanno aggredito un altro giovane che si era macchiato del reato di "astinenza da barbiere" e la cui colpa principale è stata quella di ribattere alle offese a testa alta. A tale affronto, dopo essersi sfilati le cinture dei pantaloni, alcuni membri del "gruppetto censore" avrebbero tentato di aggredirlo. Fortunatamente il giovane è riuscito, dopo essersi difeso, ad allontanarsi, "cavandosela" con qualche cinghiata. Negli istanti precedenti, un altro ragazzo era stato più volte simpaticamente apostrofato come "coglione". In quanto tale, il ragazzo non ha dato peso ai rigurgiti del gruppo che si è eroicamente sobbarcato sulle spalle il peso di ripulire una città intera da non si sa cosa (senza che nessuno glielo abbia chiesto, soprattutto), ed è andato avanti per la sua strada. Tutti questi episodi sono avvenuti tra Via Duomo e Piazza del Lago, abituale luogo di ritrovo dei neo-netturbini, che come tutti i lavoratori seri che si rispettino, attendono che il centro storico si svuoti per lavorare senza disturbare la cittadinanza.

Giuseppe Barrassi

martedì 20 maggio 2008

Pacchetto sicurezza e migranti nel Tavoliere




Il giro di vite previsto dal pacchetto sicurezza del nuovo governo che sarà varato mercoledì nel primo consiglio dei ministri , non promette nulla di buono in tema di diritti dei migranti!

A occupare prime pagine e titoloni in questi giorni è l’insicurezza dei cittadini, minacciati non dallo smantellamento del welfare state o da un epoca di guerre infinite combattute in nome della civiltà, ma proprio dai migranti. Con una bella confusione, voluta e architettata, tra safety (ovvero incolumità personale) e certainty (ovvero sicurezza di una casa e di un lavoro dignitoso... e magari una pensione)!

Si tenta, a detta del Ministero di porre un discrimine tra chi viene qui per lavorare e chi viene per delinquere (magari in base all’ ‘‘ETNIA’’), con l’istituzione del reato (di certo poco umanitario) di immigrazione clandestina, salvo poi regolarizzare le badanti (già la parola la dice lunga) che assistono i loro anziani!!!

Ma se i clandestini muovono ‘’il sole e l’altre stelle ‘’dell ’economia italiana , ovvero quella sommersa ‘’che non si vede’’ che conseguenze avrà nel foggiano, triste patria del lavoro indignitoso e ‘’a nero’’?

Che ne sarà delle centinaia di migranti che ogni estate affollano il nostro Tavoliere, in vista della raccolta dei pomodori? Che ne sarà di loro , già risaputamene privi di diritti, di dignità (perché i caporali succhiano anche quella, per 15 ore sotto il sole e l’afa di luglio-agosto a 3 euro l’ora che comprende anche alloggio in catapecchie di campagna senza acqua e luce!!)? Che ne sarà dell’economia locale con un estate senza pomodori?

Volendo essere cinici ci si chiede chi è pronto ‘ad immolarsi per il bene della patria’ .

Come al solito a pagare sono i poveracci , i senza niente; é più facile raccogliere contro di loro l’odio delle persone per bene che chiedono città non degradate, ma decorose e migrant free !

Effetto prevedibile sarà una maggiore ricattabilità dei lavoratori da parte dei caporali locali e sfruttatori-sponsor loro connazionali, e un’ inasprimento delle loro condizioni di vita e di lavoro.

Ma ricorderete che nelle campagne del Tavoliere le condizioni dei lavoratori stagionali non era già per niente idilliache! La gente ci è morta. Nell’agosto ’06 , 10 polacchi scomparvero tra Cerignola e Ortanova perchè a detta dei compagni tentavano di liberarsi dalla spirale di sfruttamento in cui erano capitati, anche grazie a loro connazionali che ben si intendono con alcuni locali quanto a disumanità e lucro, e alcuni resti umani vennero trovati nella zona dell’Alto Tavoliere. Dopo un momento di dovuta e democratica commozione pubblica, l’attenzione mediatica alla faccenda e man mano calata e i riflettori si sono accesi sui quartieri-ghetto delle periferie delle città del Nord dove la conflittualità urbana e sociale è alle stelle; dove, cosi ce la raccontano, allo spaccio e alla delinquenza straniera si contrappone il senso civico e il rispetto delle regole tutto nostrano che si materializza nelle famose ronde notturne(che dilagano in tutta la penisola) di ‘’cittadini esasperati’’.

Se già la condizione di migrante (che già è diventata categoria, senza nessuna analisi delle multiformità del fenomeno) in Italia è penalizzante e umiliante al sud la loro voce è ancora più flebile.. Col governo Berlusconi il megafono è sempre piu lontano..

Laura

Occhio a quello lì...

Quanto è importante il lato umano in un politico? Quanto conta il suo attaccamento alla città? E ai valori, e agli interessi della città che rappresenta?

Di sicuro, sono aspetti caratteriali che non possono essere quantificati numericamente, ma vanno valutati in base ai comportamenti e, trattandosi di "persone pubbliche", in relazione a ciò che dicono e pensano.

Volevo sottoporvi un esempio pratico. Prendiamo l'Assessore ai Lavori Pubblici Italo Pontone (ormai ex), e vediamo che ne pensa della risistemazione di Viale Giotto, dove circa 7 anni fa successe quello che tutti sappiamo.

Partiamo da questa notizia, datata 14 maggio 2008, presa da http://www.teleradioerre.it/news/articolo.asp?idart=35354.

"Era il 10 marzo quando in viale Giotto 120 iniziarono i lavori di riempimento del cratere che dopo 60 giorni, così come ci riferì il titolare della ditta appaltatrice (Marocco Srl), si sarebbe dovuto trasformare in giardino con percorsi pedonali. I due mesi sono passati ma in viale Giotto è ancora tutto fermo. Il cratere è stato completamente coperto di terra e circondato da brecciolina, ma sul posto non c'è traccia di mezzi e persone al lavoro. La scelta di fare un giardino era nata dalla mancanza di fondi che avrebbero consentito di realizzare "La stanza delle 67 lavagne", il progetto vincitore del concorso di idee lanciato proprio dal Comune. Fatto sta che fino a questo momento di verde non c'è neanche l'ombra. Una situazione che ha deluso le aspettative di chi ogni giorno è costretto ad affacciarsi e a trovarsi di fronte uno scenario che rievoca momenti drammatici. Abbiamo così cercato di capire il perchè di questa fase di stallo. L'ex assessore ai lavori pubblici Italo Pontone ha parlato di problemi burocratici ed economici, ma dice che si ripartirà a breve".

Problemi burocratici ed economici, l'ex-assessore era in stallo per colpe non sue...se no, di sicuro, ci avrebbe dato dentro. Ma siamo proprio sicuri?

Leggete questa indiscrezione, raccolta da http://www.benfoggianius.org/, e passata a http://www.indignati.com/. E' tratta da un articolo giunto alla redazione de "L'Attacco", che ha pubblicato in forma anonima:

Pontone: "Mò teniamo il concorso di Viale Giotto. Agghj ditt’ “A me del concorso di Viale Giotto me ne frega un cazzo. Primo: so sette anni che so murt’ i crstijn e ancòr ci sta quel luridume.Secondo: io con 90mila euro là ci faccio una bella piazza. Non ce li ho 500mila euro p’fà chessò? P’ arrcurdà che ssò? Che so murt ottanta p’rsun? Basta una bella lapide!" (traduzione: Adesso c'è il concorso per Viale Giotto. Ho detto: "A me del concorso non importa nulla. Primo. La gente è deceduta sette anni orsono e ancora c'è cotanta sporcizia. Secondo: io con 90 mila euro lì ci faccio una Piazza. Non posseggo 500mila euro per fare poi cosa? Per ricordare che cosa? Che sono morte 80 persone? Per loro, basta una lapide!).

Bella politica! Non gli importa dei morti, istituisce un concorso (si legge sopra), ma lo ignora, e decide, "di testa sua", di fare una piazza...ma chi è?

Giuseppe Barrassi

lunedì 19 maggio 2008

Breve cronistoria di Piazza Umberto Giordano


Per l’ennesima volta nella sua storia la zona di Foggia che attualmente porta la denominazione di Piazza Umberto Giordano è al centro di cambiamenti, vicissitudini e polemiche.
La storia è più o meno così. L’assessore ai lavori pubblici, Italo Pontone, ordina dei restauri nella piazza consistenti nell’abbattimento di numerosi alberi e conseguente rifacimento del manto stradale. L’assessore “precisa che l’abbattimento degli alberi si è reso necessario in seguito alla perizia fitopatologica effettuata dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Foggia. L’analisi sullo stato della vegetazione, richiesta dall’Amministrazione comunale proprio al fine di tutelare il valore ambientale dell’area, ha evidenziato, per la quasi totalità della specie Sophora Japonica presente in piazza Giordano, una patologia irreversibile equiparabile ad un cancro interno (l’insediamento dell’infezione è stimabile a circa nove anni), con conseguente diminuzione della elasticità e della resistenza a flessioni. Ciò rende tali piante, come si legge nella relazione del Prof. Claudio Ciccarone, docente di Patologia vegetale, potenzialmente insicure per i frequentatori dei giardini in quanto il loro equilibrio statico è irrimediabilmente compromesso. Difficile o sconsigliato il loro recupero.” (Ufficio stampa, Data di pubblicazione: 11.12.2007 17:29 N. 577). Su altre specie di alberi presenti si diceva più o meno la stessa cosa.
Qualche voce di corridoio diceva che l’obiettivo iniziale era quello di spostare le statue che rappresentano le più significative opere dell’autore, disponendole in maniera un po’ caotica nella piazza medesima. Non abbiamo conferma di ciò; e la motivazione ufficiale resta quella sopra citata.
Non potendo neanche sapere se effettivamente questi alberi fossero stato o meno realmente malati, ricordiamo che tale piazza ha sempre dovuto soffrire delle bizzarrie degli amministratori. Segue piccola e succinta storia.
Nel 1860, l’intellettuale Vincenzo Lanza muore, e la cittadinanza foggiana gli dedica una statua con relativa piazza. Dove? Nell’attuale piazza Giordano.
Resta tutto tranquillo fin quando si decide, in seguito alla prima guerra mondiale, di trasferire il monumento a Lanza in Villa Comunale, dedicargli la strada attigua (che ancora porta il suo nome), e rinominare la piazza ai Caduti della guerra medesima.
Anche in questo caso, dopo qualche decennio di stasi, nuovo exploit amministrativo: il monumento ai Caduti viene “trasferito” in quella che oggi è Piazzale Italia, e al suo posto ecco Umberto Giordano con il suo corteo di statuine. La piazza, non si sa ancora per quanto tempo, porta il suo nome.

Giuseppe Barrassi

(foto: presa in prestito da http://www.flickr.com/)

martedì 13 maggio 2008

Il business dei tuguri per clandestini. Da "La Stampa" 12/5/2008

fonte http://www.lastampa.it/Torino/cmsSezioni/cronaca/200805articoli/6869girata.asp

Solo un materasso: spesso è l'unica cosa che trovano i clandestini in una soffitta, stretta tanto che non ci sono servizi igienici e non esiste la cucina


Il modello Torino: una camera senza bagno da dividere in tre. Patrimoni immobiliari che rendono una fortuna in affitti.
LODOVICO POLETTO
TORINO
Hibraim viveva a Porta Palazzo: camera con «angolo pollaio» incorporato. Stesi a terra i materassi; accanto all’uscio che dà sul balcone un fornelletto a tre gas incrostato e vecchio.
Hibraim, marocchino di Kouribga, abitava al quarto piano di una casa di ringhiera in corso Regina Margherita, nel cuore del quartiere che a Torino è simbolo della nuova immigrazione.

Stanza di tre metri per tre, sgabuzzino e bagno sul balcone: il tutto a 450 euro al mese da dividere con tre connazionali. Marocchini come lui, clandestini come lui. Uomini e animali insieme. «Che ve ne fate di questi due polli?» gli domandarono i poliziotti al momento dell’ingresso in quella casa. «Li abbiamo comprati, li ingrassiamo e li mangeremo».

Eccole qui le case dei clandestini: stamberghe affittate a peso d’oro, e senza contratto, da gente che si è arricchita alle loro spalle. Il neo ministro degli Interni, Roberto Maroni rilancia la proposta del sequestro e della confisca obbligatoria di quelle case. Lasciando intendere la volontà di colpire quanti favoriscono l’immigrazione clandestina. Che poi, spesso, sono cittadini italiani a capo di consistenti patrimoni immobiliari.

Trovarli è una caccia al tesoro, spesso attraverso sigle di società che controllano, o sono controllate, da altre società. Giorgio Maria Molino, 65 anni, «il dottore» come lo chiamano quelli che affittano casa da lui, è uno di loro. Lo vedi e sembra un pensionato vagamente dimesso: capelli bianchi, vestiti tutt’altro che ricercati, riservato. Eppure è considerato uno dei «re delle soffitte» di Torino. La sua dote di immobiliare - che poi sono appartamenti nelle zone storiche dell’immigrazione, oppure nella prima periferia - è stimata in ben più di mille unità. Tante? Forse: Qualcuno dice che c’è anche chi ne ha ben più di lui. Giorgio Molino lo hanno arrestato nel luglio di un anno fa, dopo avergli chiuso un palazzo tutto affittato a prostitute: dieci alloggi e altrettante, o forse anche di più, ragazze che lavoravano lì dentro. Un via-vai continuo tutta la notte, tutte le notti. Alla fine i vigili urbani del nucleo di polizia giudiziaria sono riusciti a mettergli le manette. Favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, una delle accuse che gli hanno mosso. Lui non ha fatto una piega. Il suo avvocato ha subito sottolineato: «Il signor Molino non ha mai subito condanne». Le voci e le polemiche, invece, lo inseguono da anni. Lui nega tutto.

Storie di case e di gente, di sfruttati e di sfruttatori. Padova, via Anelli. I cinque palazzoni che erano stati costruiti per gli studenti, sono diventati negli anni ricovero e rifugio di disperati e delinquenti. Clandestini? Anche. «Tantissimi» dice la gente di lì. Cercavano un tetto e hanno trovato chi glielo dava senza fare tante storie, ma anche senza far loro firmare lo straccio di un contratto.

L’importante era che pagassero. Manciate di banconote ogni mese. Via Anelli è rapidamente diventata il simbolo dell’immigrazione clandestina della città ai piedi dei colli Euganei. Le proteste per lo spaccio, hanno fatto sorgere un «muro» di lamiere per separare quei palazzi dalle zone residenziali. Ma ce n’è voluto prima di svuotare quei cubi di cemento dagli esseri umani che sognavano qualcosa di più dignitoso di un rudere da pagare a peso d’oro.

Da Padova a Brescia. Una ricerca realizzata su dati della Fondazione Ismu e dell’Istat stabilisce che questa è la città con la più alta densità di clandestini sul territorio: 32 ogni mille abitanti. Vivono tra il quartiere Carmine e la stazione. Sono essenzialmente senegalesi e marocchini. I pachistani hanno colonizzato la cintura. La val Trompia è considerata il luogo di massima concentrazione di immigrati regolari e non che arrivano da Sukkut o dalla regione del Panja. E dopo Brescia c’è subito Prato, dove gli immigrati clandestini sono quasi tutti cinesi. Vivono in stanze dormitorio: pagano affitti che valgono quanto uno stipendio da operaio «in nero».

La stessa indagine racconta che in Italia sono più di 650 mila i clandestini: in pratica sono irregolari undici immigrati ogni mille abitanti. Vivono nelle grandi città, raramente in provincia. A Brindisi, oppure a Bari un tempo l’emergenza erano gli albanesi che sbarcavano in massa sulla costa.

Ora restano piccole enclaves di eritrei che lavorano in campagna. Nella zona di Foggia, invece, il fenomeno è tutt’altro che sottotraccia, ed è alimentato dalla raccolta dei pomodori. Lì li trovi a migliaia: uomini e donne dell’est Europa o oppure dell’Africa centrale. Il permesso di soggiorno per loro è una chimera. Vivono ammassati dentro vecchie masserie.

Guadagnano una manciata di euro al giorno che reinvestono quasi per intero per pagarsi un posto letto in queste case tugorio. Un giro d’affari consistente che arricchisce, forse, più i caporali che i padroni di casa. A Roma, il quartiere Cassia è quello dei Filippini e dei sudamericani. L’immigrazione del Niger, dalla Costa d’Avorio dal Senegal s’è radicata nel quartiere Pigneto. Ci sono i regolari, ma anche tanti, tantissimi, clandestini. Stesse case di Torino, di Foggia o di Milano. Stessi affitti: 300, 400 o anche 500 euro per un posto letto. E chi non trova una casa, o non ha denaro a sufficienza per strapagare un posto letto, si rifugia nelle fabbriche abbandonate. Almeno lì dentro non deve pagare nessuno.

sabato 10 maggio 2008

AGGRESSIONE FASCISTA A CIAMPINO

La sera di giovedì 8 maggio, intorno alle 23.45, due ragazzi dell'Assemblea Permanente No-Fly sono stati aggrediti da cinque giovani neofascisti a Ciampino durante un attacchinaggio in vista del corteo che ci sarà domani.
I cinque hanno prima staccato i manifesti dai portoni dei condomini di via Bruxelles, successivamente hanno aggredito verbalmente i due ragazzi del No Fly e infine sono passati alle vie di fatto.
Uno dei due ha rimediato un pugno sullo zigomo ed è stato inseguito e scaraventato a terra, riportando alcune contusioni. L'altro ragazzo è riuscito a bloccare uno dei cinque coatto-fascisti che nel frattempo continuavano a dire “Siamo nazisti, ve ne dovete andare dal nostro quartiere”. Il nostro compagno aggredito è poi riuscito a raggiungere altri tre compagni che si trovavano a due isolati di distanza e a dare l'allarme.
Una dozzina di noi mentre girava per le strade di Ciampino e di Cava dei Selci per finire l'attacchinaggio si è subito recata sul posto dell'aggressione dove però i cinque balordi neofascisti si erano già dileguati.
Quello che è accaduto è un episodio gravissimo che va inquadrato nel clima generale che si respira a Roma e in altre zone del Paese.
Non si tratta né di bullismo, né di rissa tra opposti estremismi: questi cinque infami in erba, di cui la maggior parte appariva “strafatta” di non si sa cosa, cerca la violenza e lo scontro fisico contro chi nel territorio e nelle scuole è quotidianamente presente nelle lotte sociali.
Già lo scorso anno un nostro compagno in pieno giorno si trovò a subire un'aggressione a colpi di manganello estendibile in testa da un neonazi poco più che maggiorenne e militante di Fiamma Tricolore, riportando 25 giorni di prognosi.
Non staremo a leccarci le ferite e continueremo la nostra attività a prescindere da questi preoccupanti episodi che vanno contestualizzati per quello che sono realmente: vigliacche aggressioni di fascisti in giovane età che la sera attaccano in branco prima di dileguarsi nel nulla delle loro esistenze.
La nostra prima risposta c'è già stata ieri notte perché l'attività di propagandare il corteo è andata avanti fino a tardi insieme, tra l'altro, ai due ragazzi aggrediti. Quella di massa ci sarà domani al corteo autorganizzato.

Ciampino, 9 maggio 2008
Assemblea Permanente No Fly
www.no-fly.info
nofly@inventati.org

venerdì 9 maggio 2008

Emilio Fede caccia i soldi e torna in Padania.

BOLLETTA ACQUEDOTTO PUGLIESE A EMILIO FEDE 9 ANNI DOPO EREDITA'

UNA BOLLETTA DI CIRCA 21 EURO E' STATA NOTIFICATA DALL'ACQUEDOTTO PUGLIESE A EMILIO FEDE PER IL CONSUMO DI ACQUA FATTO DIECI ANNI FA DA UNA DONNA NUBILE DI ADELFIA, MORTA NEL 1999 ALL'ETA' DI 86 ANNI E CHE LASCIO' GLI AVERI IN EREDITA' AL GIORNALISTA.
CON DISPOSIZIONE TESTAMENTARIA, INFATTI, LASCIO' UNA CASA E 80 MILIONI DI LIRE AL DIRETTORE DEL TG4 E DISPOSE ANCHE CHE, SE IL GIORNALISTA FOSSE MORTO PRIMA DI LEI, IMMOBILE E SOLDI VENISSERO DATI, NELL'ORDINE, A MICHELE CUCUZZA, MIKE BONGIORNO, VITTORIO SGARBI E ANTONIO DI PIETRO.
FEDE, COME RIPORTA OGGI IL QUOTIDIANO LIBERO, INCASSO' L'EREDITA' E LA GIRO' IN BENEFICENZA ALL'ASSOCIAZIONE NAZIONALE ORFANI DEI CARABINIERI VITTIME DEL TERRORISMO.
QUALCHE GIORNO FA GLI E' GIUNTA LA RICHIESTA DI PAGAMENTO DELLA BOLLETTA, 20,92 EURO PER IL CONSUMO DI UN TRIMESTRE.

06/05/08 16:52:57 http://www.telenorba.it/home/news_det.php?nid=5873

lunedì 5 maggio 2008

Morto Nicola aggredito dai neofascisti

Verona: E' morto questo pomeriggio nell'ospedale di Borgo Trento Nicola Tommasoli, il giovane di 29 anni picchiato da un gruppo di neofascisti il 1 maggio, con il pretesto di una sigaretta.
Alle 18 il collegio medico dell’ospedale ha concluso il periodo di osservazione iniziato dopo l’assenza di attività cerebrale. I genitori di Nicola hanno espresso il desiderio di donare organi e tessuti. Mentre i media continuano a parlare di futili motivi per quello che è un omicidio fascista.

La testimonianza: “Erano delle bestie”. Al tg Studio Aperto, uno dei due amici che era con la giovane vittima ha raccontato il pestaggio. “C’erano i ragazzi, noi stavamo passeggiando, ci hanno chiesto una sigaretta, anche con un tono un po’ strano. Noi abbiamo risposto di no e abbiamo continuato a camminare per la nostra strada senza fermarci. Quando ho fatto per girarmi – ha aggiunto – uno mi ha sferrato un pugno, da lì è cominciato tutto. Due minuti di panico, faccio fatica adesso perchè ho preso tante botte, mi tiravano per i capelli, sono caduto più volte e ho cercato di difendermi come potevo, per fortuna mi sono girato, altrimenti potevo esser lì al posto del mio amico. Cosa ci dicevano? No, non insulti – ha aggiunto – ci davano le botte ma non dicevano niente. Erano delle bestie, non c’è un motivo né niente”. La vittima-testimone ribadisce l’aggressione alle spalle: “Se Nicola si fosse girato probabilmente non sarebbe lì – dice l’amico, riferendosi alla rianimazione – si sarebbe potuto difendere, avrebbe avuto solo qualche botta”.

Due latitanti. Fermati nella notte altri due neofascisti coinvolti nella brutale aggressione. Avrebbero ammesso le loro responsabilità convincendo la magistratura a trasformare il fermo in arresto nel carcere veronese di Montorio. Si tratta di Guglielmo Corsi, 19 anni, metalmeccanico, e Andrea Vesentini, 20, promoter finanziario, catturati a Illasi, un paesino a una ventina di chilometri di distanza da Verona. Ieri si era costituito e aveva confessato Raffaele Dalle Donne, un estremista di destra già noto alle forze dell'ordine per episodi di violenza. Gli altri due componenti del gruppo non ancora arrestati sono ricercati ma già identificati. Conosciuti con i soprannomi di Pero e Tabuio, risultano fuggiti all'estero con l'auto della madre di uno di loro, ma non è escluso che presto si costituiscano alla Digos veronese.

I futili motivi I media nazionali continuano a parlare di "futili motivi", di una sigaretta negata, ma persino dalla testimonianza di uno degli amici di Nicola si evince che la famosa sigaretta era solo un pretesto per un'aggressione di gruppo, infame e brutale come solo un branco di fascisti sa compiere. Il voler continuare a sminuire un omicidio di matrice politica risulta una strategia abile per non far crescere la tensione e la solidarietà antifascista. Persino lo stadio viene utilizzato per celare la matrice politica, mascherando la frequentazione saltuaria degli assassini alle iniziative del Veneto Fronte skinhead, preferendoli ultras. La curva del verona, le brigate gialloblu' sono proprio infatti un connubio di neofascismo, neonazismo e ultras, tenuti insieme dalla matrice politica del gruppo nota per le sue esternazioni e aggressioni politiche nei confronti di curve giudicate di sinistra.

Per Fini l'omicidio di Verona è meno grave delle contestazioni a Israele a Torino. Gli scontri e le contestazioni della sinistra radicale contro la Fiera del Libro di Torino "sono molto più gravi" di quanto accaduto a Verona, dice il presidente della Camera a Porta a porta. L'aggressione dei naziskin veronesi e la violenza dei centri sociali torinesi - afferma il Presidente della Camera- "sono due fenomeni che non possono essere paragonati". A giudizio di Fini, in sostanza, se dietro l'aggressione di Verona non c'è alcun "riferimento ideologico", a Torino le frange della sinistra radicale "cercano in qualche modo di giustificare con la politica antisionista", un autentico antisemitismo, veri e propri "pregiudizi di tipo politico-religioso".

fonte: http://www.infoaut.org/

sabato 3 maggio 2008

Eh mo' viene il bello....

Oh, giunse infin della veritate l'ora...
I tempi del sondaggio son serrati.
Il risultato l'è bello che definitivo...

La redazione di herpesfoggia, felice della larga affluenza alle virtuali urne, e altresì soddisfatta della diffusa idea che Foggia ha bisogno del "nostro impegno", è curiosa di sapere chi sono questi responsabili 10 (non è una questione di privacy, ma UN REALE BISOGNO DI GENTE!!!!!!).

Quindi, se vi va, lasciate un commento, potrem(m)o provare insieme a cambiare davvero le cose, almeno quelle che ci riguardano....

giovedì 1 maggio 2008

Incidente sul lavoro all'Ilva di Taranto, mentre nelle piazze si festeggia il primo Maggio!

TARANTO - Ennesimo incidente in fabbrica mentre nelle piazze si celebra il Primo Maggio, quest'anno dedicato proprio ai temi della sicurezza sul lavoro. Quattro lavoratori sono rimasti ustionati stamani mentre operavano nello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto. Lo rende noto con un comunicato la Fiom-Cgil di Taranto precisando che nessuno di loro è in condizioni critiche. Tre lavoratori sono stati medicati nell'infermeria dello stabilimento, mentre il quarto è stato trasportato al Centro grandi ustioni dell'ospedale di Brindisi.

L'incidente, secondo quanto riferito nella nota dalla Fiom, è accaduto nel reparto Cco1 (colata continua). Durante la fase di colata dalla siviera si è staccato un crostone che, cadendo nell'acciaio liquido ad altissima temperatura, ha provocato la fuoriuscita di parte dello stesso liquido che ha investito i quattro lavoratori. I tre lavoratori medicati nell'infermeria di stabilimento hanno riportato bruciature superficiali agli arti e in altre parti del corpo. Il quarto lavoratore, trasportato al Centro ustioni di Brindisi, è stato investito da una maggiore quantità di liquido bollente ma anche per lui le ustioni sono superficiali e non è stato necessario il ricovero.

"Più volte negli anni passati - sottolinea nella nota - le rappresentanze dei lavoratori per la sicurezza della Fiom avevano segnalato, anche alla Ausl, la necessità di una più precisa prescrizione operativa che, attraverso la pulizia delle scorie dalle siviere, dopo le fasi di colaggio, avrebbe potuto evitare l'inconveniente accaduto oggi". La Fiom invita quindi l'azienda, gli enti preposti alla sicurezza e i lavoratori "al massimo impegno e alla massima attenzione per la salvaguardia della salute e dell'incolumità dei lavoratori in fabbrica".

(1 maggio 2008)

Fonte: La repubblica