mercoledì 27 febbraio 2008

Giornata di Strada ai Quartieri Settecenteschi

Domenica 24 Febbraio 2008
Foggia- Chi ha detto che un fuori sede può trovare motivo di ritorno a casa solo nelle feste tradizionali o negli affetti? La IV giornata di strada è un evento più che significativo dal sapore di politica greca, quella consumata nell’agorà, nella piazza pubblica.

Protagonisti indiscussi i bambini. Sono loro infatti la molla del gran da farsi che negli ultimi giorni ha impegnato anche le cittadine/i ortesi in un discorso ben diverso (quello delle discariche nel foggiano), proprio perché proiettano nel futuro. Soprattutto laddove non si guarderebbe oltre domani.
A cercarla sulle carte toponomastiche non la si troverebbe, perché la piazza è vittima del mancato battesimo da parte delle istituzioni, perciò conosciuta come ‘a bare' , la bara , dagli abitanti del quartiere. Ciò già mi colpisce perché traduce nel suo piccolo l’ampia necessità di avere attenzione dalle istituzioni stesse. Ma muove anche un’altra riflessione: la bara è un oggetto che contiene un corpo morto, qualcosa che è stato e che ora non è più, ma soprattutto che contiene, tiene in sé e la tendenza, data la funzione di tale oggetto, di tenerla in sé in eterno. Ma è la condizione reale degli abitanti del quartiere! Loro vivono, in mancanza di case adeguate a famiglie numerose o nuclei allargati in “grotte” attaccate da muffa e usura del tempo , senza spazi verdi, senza legalità né servizi, abbandonati a loro stessi. Risultato? si sentono persi, come già morti , come in una bara. Ma oggi questa piazza rinasce a suon di tarantella , a suon di risate dei bambini divertiti dai clown del teatro dei limoni, coi colori dei loro disegni e con le sinuose forme che nascono dagli ulivi di Benedetto. La piazza rinasce e partecipa. Partecipa con dei questionari consegnati a fine giornata all’assessorato all’urbanistica, già presente in piazza, già sommerso dalle “lettere all’assessore” che hanno scritto i bambini. Lettere che esprimo desideri, bisogni , neanche fosse Babbo natale. Un attimo solo, tanto per essere chiari, di quale partito si tratta stavolta? Niente da fare nessuna bandiera all’orizzonte. Tutta colpa dei ragazzi dell’associazione GAAS (Gruppo di Azione e Animazione Sociale) che già da un anno circa fanno il giro del quartiere, bussando alle porte della gente per ascoltare e informare ,mettendo in atto il concetto di cittadinanza. Niente di nuovo se non si trattasse di Foggia, città che si è vista scavalcare solo poche volte negli ultimi otto anni almeno, da altre come Agrigento o Benevento nella lista delle più invivibili, pubblicata ogni anno dal Sole24Ore. Ma a me viene un dubbio: vuoi vedere che dove non arriverebbero le istituzioni ci possano metter iniziative i cittadini!? E che il noto detto: “fuggi da foggia non per foggia ma per i foggiani” è solo una scusa per lavarsene le mani e partire più leggeri alla ricerca di fortuna altrove, soprattutto in città settentrionali della nostra amata Italia? Non siamo foggiani anche noi?


Una foggiana fuori sede

martedì 26 febbraio 2008

Ubriachi di gioia!

I festaggiamenti per l'annullamento della delibera che sanciva l'apertura della discarica a Orta Nova previsti per oggi 26 febbraio 2008 nella piazza centrale della stessa cittadina alle ore 19.00, sono rimandati a domani 27 febbraio alla stessa ora, per i soliti problemi di autorizzazione da parte della questura...Nell' attesa sale l' euforia per quella che sarà la pubblica conclamazione della forza del popolo sui loschi giochi della politica...Siete tutti invitati per un brindisi a un Tavoliere più sano, più pulito!

e vittoria fu...no alla discarica(video da youtube)

Vittoria

La notizia è giunta qualche minuto fa. Un non meglio individuato individuo della Provincia ha telefonato a Gianni Lannes, per comunicargli la notizia dell'avvenuto annullamento della delibera che autorizzava la costruzione della discarica.
Domani alle ore 19.00 ad Ortanova, tutti in piazza per festeggiare la tanto attesa notizia

Provincia: bugie, bugie e ancora bugie

Questa mattina alle ore 10 nella sede della Provincia di Foggia in via Telesforo era attesa una delegazione di donne del comitato "Salviamo la nostra terra". Erano state convocate perchè i "nostri" politicanti avevano promesso di consegnare il documento con la delibera di annullamento della delibera 525/2005 (apertura della discarica di contrada Ferrante). Invece, le povere mamme hanno dovuto attendere fino alle ore 15.30. Solo allora sono state ricevute per cinque minuti, giusto il tempo di sentirsi dire che il documento era ancora "in brutta copia". Di conseguenza,si era pensato di effettuare un sit in di protesta, poi disdetto a causa della presenza dei cosiddetti "corrotti" (gli amici del sindaco smunto): non si è voluto rischiare che la situazione degenerasse.
Intanto, questa sera alle 20.30 circa, il giornalista Gianni Lannes terrà un comizio nella piazza del Municipio di Ortanova per aggiornare i cittadini sugli ultimi sviluppi della vicenda giudiziaria. Probabile l'organizzazione di nuove iniziative.

lunedì 25 febbraio 2008

Adriatico, la discarica della Nato

Nato aveva parlato di sei siti in cui gli aerei di ritorno dalle operazioni in Kosovo avrebbero scaricato gli ordigni in eccedenza. In realtà sono 24, dalla laguna di Venezia fino alla Puglia. Ci sono bombe a grappolo, proiettili all’uranio impoverito e perfino missili

Stanno in fondo al mare e nessuno, a livello internazionale, se ne occupa. Poi, ogni tanto, ordigni d’ogni genere fanno capolino sulla battigia, da Grado a Gallipoli: proiettili all’uranio impoverito, cluster bomb, missili Tomahawk, granate al fosforo, bombe a guida laser, e addirittura siluri. La Marina militare italiana aveva annunciato la bonifica, promessa da vari governi che si sono succeduti, mentre in Parlamento centinaia di interrogazioni attendono risposte esaurienti.

Ma nel frattempo, chi sul mare ci lavora, spesso ci rimette la vita. Nel silenzio dei media e della politica. L’ultimo di una lunga serie di incidenti legati all’esplosione di ordigni bellici in Adriatico è accaduto lo scorso 26 ottobre. Il peschereccio Rita Evelin, nuovo di zecca, affonda con mare calma piatta dinanzi alla costa marchigiana e tre pescatori (due italiani Francesco Annibali e Luigi Lucchetti e il tunisino Ounis Gasmi) inghiottiti dal mare Adriatico. Il fascicolo di questo incidente è finito in una cartellina sottile, quasi come un foglio di giornale, già impolverata come una noiosa pratica amministrativa. È tutto lì il dossier su una tragedia dimenticata troppo rapidamente, in comunicati, dispacci e relazioni istruttorie. Documenti riservati e conservati negli archivi della Capitaneria portuale di San Benedetto del Tronto in provincia di Ascoli Piceno. Ripercorriamo questa vicenda: alle 5,30 del mattino il natante è colato improvvisamente a picco dinanzi a Porto San Giorgio, adagiandosi su un fondale di 80 metri (43 gradi e 12 primi di latitudine nord, 14 gradi di longitudine est). Le scarne informazioni relative all’affondamento dell’imbarcazione sono state fornite dall’unico sopravvissuto, il comandante Nicola Guidi (41 anni), sotto choc ma non in pericolo di vita: «Ho sentito soltanto un forte botto e subito dopo la Rita Evelin ha cominciato a imbarcare acqua e ad affondare in pochi minuti». Fine delle rivelazioni: il marittimo non parla. E neppure i suoi colleghi che lo hanno tratto casualmente in salvo dopo alcune ore, a bordo del peschereccio pugliese Luna Nuova di Bisceglie. La consegna delle autorità istituzionali e marittime è semplice: “Bocche cucite”. Le cause? «Ufficialmente ancora imprecisate». L’inchiesta staziona a Fermo: è nelle mani del giudice Piero Baschieri. Sarà soltanto un caso, ma l’area del cosiddetto “incidente” coincide con una delle 24 ampie zone di affondamento degli ordigni - e non sei come dichiarato dalla Nato - abbandonati da velivoli dell’Alleanza atlantica nel mare Adriatico di ritorno dai bombardamenti in Kosovo nel 1999. E prima ancora in Bosnia Herzegovina nel 1994-‘95.

Ad attestare la presenza di ordigni, all’uranio impoverito e non, sono le mappe e le coordinate della Nato, nonché i dati secretati dalla nostra Marina militare (di cui left è ora in possesso). Se circa un terzo dei siti di scarico sono concentrati in Puglia, a Nord sono il Golfo di Trieste e la laguna di Venezia i principali bersagli di affondamento per i velivoli Nato a capacità di bombardamento nucleare, compresi i Tornado dell’Aeronautica italiana, stanziati ad Aviano e Ghedi. In quell’area marittima si movimentano ogni anno ben 30 milioni di tonnellate di greggio. Ma è soprattutto nel basso Adriatico che si registra la maggiore concentrazione di ordigni bellici. Soltanto a Molfetta, in un raggio di 500 metri dalla riva di Torre Gavettone (100 metri dalle abitazioni), «i sub della Marina militare ne hanno catalogati 110.000. Mentre nel porto e nelle sue immediate adiacenze ce ne sono un numero imprecisato», rivelano un ufficiale e un sottufficiale. Il 22 settembre 2004, in un’interrogazione parlamentare del senatore Ds Franco Danieli al presidente del Consiglio dei ministri, si menziona la presenza in Adriatico oltre che di «residuati chimici della seconda guerra mondiale di produzione Usa», proibiti dalla Convenzione di Ginevra del 1925, soprattutto di «bombe a grappolo del tipo blu 27 e proiettili all’uranio impoverito». Il premier Silvio Berlusconi non ha mai risposto né, tantomeno, il suo successore Romano Prodi si è sentito in obbligo di fornire una minima spiegazione. Il senatore Danieli (attualmente viceministro agli Esteri) con dovizia di prove fa riferimento anche al fatto che «ancora oggi, in alcune zone, oltre le 12 miglia marine (ad esempio al largo di Fasano in Puglia e Cupra al largo di Cupramarittima nelle Marche) vengono rilasciate in mare bombe o serbatoi ausiliari da aerei militari italiani in emergenza». Al Capo di Stato Maggiore della Difesa, Giampalo Di Paola e al capo di Stato Maggiore della Marina militare, Paolo La Rosa, left ha chiesto spiegazioni, ma i due ammiragli, attraverso le rispettive segreterie hanno preferito non rispondere. Il 25 maggio 1999, la poco nota deliberazione 239 del Consiglio regionale delle Marche prendeva atto che «in questo ultimo periodo è continuato lo sganciamento di bombe da parte di aerei Nato nell’Adriatico, anche a ridosso della costa marchigiana».

Già allora l’assise regionale considerava «il grave danno arrecato all’ecosistema marino» e paventava «il pericolo di esplosioni a danno dei lavoratori della pesca». Altre singolarità. Tra i primi al mondo a dare la notizia della tragedia del Rita Evelin, il 26 ottobre 2006, è stata la Pravda online, una nuova agenzia di stampa russa («Affonda peschereccio nell’Adriatico: 3 dispersi»). Quello che sorprende è l’insolito interessamento manifestato dal ministro degli Esteri. Massimo D’Alema ha fatto pervenire al sindaco Giovanni Gaspari un telegramma di solidarietà alle famiglie dei marinai deceduti, alla marineria e alla città di San Benedetto. Che ragione c’era? Istituzionalmente nessuna. Tant’è che all’affondamento tra le Marche e l’Abruzzo di un altro peschereccio, il Vito Padre il 30 maggio (due vittime), il titolare della Farnesina non si è scomodato. E così il 17 dicembre 2006, quando i flutti hanno sommerso il Maria Cristina di Silvi Marina (Pescara) provocando la morte di un lavoratore del mare. La comunità dei pescatori locali ha rispedito al mittente il telegramma: «Non sappiamo che farcene di questa solidarietà a parole. Piuttosto il governo bonifichi finalmente il mare in cui siamo nati e lavoriamo».

Due fatti sono attualmente certi. Primo: le salme dei tre lupi di mare potevano essere recuperate immediatamente, ma le autorità hanno preferito ripescarle con tutto comodo e dopo aver ispezionato il natante, ben 19 giorni più tardi, soltanto a seguito della dura protesta della marineria locale col blocco della linea ferroviaria adriatica, nonché dei familiari delle vittime. Eppure la magistratura aveva disposto il recupero dei pescatori il 31 ottobre. I subacquei siciliani della società Under Hundred erano pronti a portare in superficie i corpi dei marittimi, ma le autorità militari non hanno gradito occhi indiscreti. Meglio tenere alla larga i civili. Secondo: la Rita Evelyn non sarà tirata in secco, precludendo la possibilità di accertare le cause dell’affondamento. Allo Stato maggiore della Difesa avranno pensato, come è già avvenuto, che è meglio non far sapere nulla all’opinione pubblica a proposito dei rischi e dei pericoli che si annidano in questo mare disseminato di bombe. Infatti, l’Adriatico, incurante delle ragioni di Stato e agli accordi segreti dei nostri militari con il governo degli Stati Uniti d’America, seguita imperterrito a tirare fuori proiettili all’uranio impoverito abbandonati dagli aerei Usa A-10, soprattutto a Sud (erano di stanza a Gioia del Colle). Ma non solo: emergono saltuariamente, senza però raggiungere la ribalta della cronaca nazionale, anche bombe a grappolo (cluster) e al fosforo di fabbricazione Usa. «Quei cosi li peschiamo un giorno sì e l’altro pure - rivela Nicola, che chiede l’anonimato perché non vuole problemi -. Se avvertiamo le Capitanerie passiamo un guaio. Meglio ributtarli in acqua». Gli ordigni sonnecchiano sul fondo marino. In situazioni d’emergenza i bombardieri alleati avrebbero dovuto gettarle per sicurezza ad almeno 70 miglia dalla costa, nelle cosiddette jettison areas. Invece un ordigno con la scritta “U.S. 97” è affiorato recentemente nella laguna di Marano, ad appena 6 miglia dalle foci del Tagliamento, fra Grado e Lignano Sabbiadoro. «E lì il fondale non supera i 17 metri», assicura Giuseppe che sul suo peschereccio s’è trovato la bomba di 80 centimetri impigliata nelle reti. Sono imprevedibili: possono essere ovunque, grazie al gioco delle correnti. Basta allungare lo sguardo, oltre il manto dell’acqua, per distinguere i letali cilindri metallici. «Bombe sono», ripete Antonio di Pescara, volto segnato dal sole e dal freddo come quello degli altri colleghi. Alcuni ufficiali della Marina confermano le dichiarazioni dei pescatori, che da Trieste a Otranto, ormai convivono con questi indesiderati ospiti e l’intenso traffico di petroliere.

Il bollettino di guerra prosegue con 30 bombe non a grappolo ripescate a fine febbraio nel golfo di Venezia. Nel medio e basso Adriatico i piloti Nato hanno avuto pochi scrupoli. Tra Pesaro e Ancona, nei paraggi delle piattaforme metanifere, dalle quali il gas raggiunge la raffineria Api di Falconara, si sono liberati di «tre ordigni a grappolo e di una decina di bombe a guida laser, lunghe quasi tre metri e mezzo e pesanti una tonnellata», precisano i dati delle Capitanerie di porto marchigiane. Mentre nella “Montagna del Sole”, a Rodi Garganico, San Menaio e Calenella, sono approdate tre bombe al fosforo di fabbricazione americana. I cacciamine? Chi li ha visti? Più a sud, nel Salento, cittadini e istituzioni locali non temono ripercussioni e cominciano a far sentire le proprie ragioni. Lo “Sportello dei diritti” della provincia di Lecce, infatti, lancia una campagna di sensibilizzazione sulla ignorata questione. «La guerra nei Balcani ha aggravato la situazione, già preoccupante a causa della presenza di ordigni imbottiti di iprite e fosgene - rivela Carlo Madaro, assessore al Mediterraneo -. La questione più paradossale è il rimbalzare di competenze tra apparati dello Stato, concretizzatosi in un indecoroso scaricabarile tra ministri e ministeri» Per questi motivi, conclude Madaro, «lo “Sportello dei Diritti” della provincia di Lecce ritiene doveroso rilanciare la questione del disinquinamento dell’Adriatico dai pericolosi ordigni e residuati bellici e interverrà presso tutte le competenti sedi, e in particolare presso il nuovo governo, affinché la questione sia valutata sotto un’ottica unitaria e sia implementata una bonifica globale delle acque del nostro preziosissimo mare». Tante interrogazioni parlamentari sottolineano che «gli interventi di bonifica delle acque del Mar Adriatico conclusosi nell’agosto 2001, nonostante le dichiarazioni dei vertici della Marina militare, che garantirono il raggiungimento di un grande coefficiente di sicurezza, lasciarono gravi ombre su tutta l’operazione, contraddistinta sia dal segreto militare che da un’evidente impreparazione ad affrontare un’emergenza prevista e determinata dagli stessi organismi militari».

A proposito di «uranio impoverito», la senatrice Celeste Nardini (Rifondazione) ha chiesto al ministro della Difesa Parisi, «se il governo non ritenga necessario assicurare un impegno straordinario per la bonifica delle aree contaminate al largo delle coste pugliesi e per misure di protezione sanitaria delle popolazioni». La parlamentare intende anche sapere «se il governo intenda impegnarsi da subito per la messa al bando di tutte le armi all’uranio impoverito, iniziando unilateralmente a vietarne l’uso nei poligoni d’addestramento e lo stoccaggio nelle basi militari, anche internazionali, collocate sul territorio nazionale». L’onorevole attende una risposta dal 23 gennaio scorso. Anche left ha telefonato, invano, al ministro Arturo Parisi per ottenere chiarimenti: sarebbe opportuno rendere note le modalità e i risultati degli interventi di bonifica all’epoca effettuati. Tenuto conto che la Convenzione di Barcellona - dal 1995 - non consente la discarica definitiva a mare, nel Mediterraneo, di materiali che possono costituire pericolo per l’ambiente marino, per l’attività di pesca e per la navigazione e quindi l’abbandono definitivo di bombe o materiale esplosivo. Rilasci di tali materiali, accidentali o motivati da condizioni di emergenza o da incidenti, devono comportare azioni di recupero, messa in sicurezza e bonifica delle aree interessate con verifica dei danni e conseguente azione di risanamento. «Non è possibile pensare che i ministri europei non sapessero nulla dell’uso di proiettili all’uranio impoverito», afferma Massimo Cocchi, docente di biochimica della nutrizione allo Scottish Agricultural College di Edimburgo. Nel 1999, una lettera aperta inviata dall’allora ministro federale dell’Agricoltura della Repubblica Jugoslava, Jagos Zelenovic, ai colleghi dei Paesi dell’Unione Europea, denunciava il disastro ecologico causato dai ripetuti raid aerei della Nato. In particolare si segnalava l’uso sistematico di proiettili all’uranio impoverito da parte dei cacciabombardieri statunitensi A-10. «Per i prossimi 50 anni ne pagheremo le conseguenze», insiste il professor Cocchi. Danni ambientali la cui entità è stata dimenticata, ben sapendo che l’effetto del disastro causato non è immediato. Documenti ufficiali della Nato dimostrano come fosse evidente, fin dai raid contro la Bosnia del ’95, l’utilizzo dell’uranio impoverito. L’operazione venne battezzata Deliberate Force e un lungo rapporto descrive nei dettagli gli 11 giorni di bombardamenti, fra l’agosto ed il settembre ’95. La relazione è presente alla biblioteca pubblica della marina degli Usa e sul sito di Afsouth (www.afsouth.nato.int), il comando Nato per il Sud Europa con sede a Bagnoli, fin dal 1997 e venne rese nota nell’ottobre ’95. Il vicecomandante della base era il generale italiano Duilio Mambrini. Nell’allegato 2 del rapporto vengono elencati, divisi per nazionalità, le decine di aerei che parteciparono alle missioni sui cieli della Bosnia. Gli Usa, che hanno compiuto 2.318 sortite, il 65,9 per cento del totale, schieravano ad Aviano uno squadrone di 12 ammazzacarri A-10. Il rapporto elenca nell’allegato 3, genere e numero di ordigni utilizzati, compresi 10.086 proiettili Pgu-14 Api, imbottiti d’uranio impoverito. Il dato si differenzia dal totale rivelato dal ministro Mattarella, di 10.800 colpi, perché mancano i dardi utilizzati durante la precedente operazione Deny flight nel ’94. I generali italiani sapevano. Il generale Andrea Fornasiero (ex Capo di Stato maggiore dell’Aeronautica) il 29 agosto ’95 riceveva dalla Nato l’ordine di eseguire il piano d’attacco sulla Bosnia. Fornasiero era comandante della V Forza aerea tattica alleata a Vicenza, responsabile per la pianificazione e la gestione dei bombardamenti sulla Jugoslavia.

di Gianni Lannes - 15/04/2007
fonte: http://www.avvenimentionline.it/content/view/1209/1/

--The Frigo's Trip--

La nuova videoinchiesta, realizzata dal Collettivo VoceNueva, sul (dis) servizio di raccolta di rifuti speciali del Comune di San Giuseppe Vesuviano(Na).

Abbiamo cercato per 4 mesi di smaltire in modo corretto un vecchio frigorifero attraverso diverse telefonate al Comune, ai Vigili e alle aziende preposte al servizio.

Nonostante continuano ad essere spesi milioni di euro dalle nostre tasche,siamo costretti a comportamenti “illegali” a causa dell’inefficienza amministrativa.

Buona visione !!






Incontro decisivo contro la discarica di Ortanova

Lunedì 25 febbraio 2008, in mattinata, una delegazione di donne e bambini di Ortanova si recherà alla nuova sede della Provincia di Foggia (sita in via Paolo Telesforo) per aprire l' ultimo decisivo tavolo di trattative sulla richiesta di annullamento della delibera della Giunta Provinciale n. 525/2005 che prevede l' apertura della discarica di rifiuti tossico-nocivi in località Ferranti-Santospirito. Davanti alla Provincia è previsto un sit in a cui sono invitati tutti i cittadini di Capitanata a cui sia rimasto ancora un minimo briciolo di coscienza civica.

domenica 24 febbraio 2008

INIZIATIVA POPOLARE DEI 5 REALI SITI (14 FEBBRAIO 2008)


Al presidente della Provincia di Foggia (Carmine Stallone)
Alla Giunta Provinciale
E' noto che "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell' individuo e interesse della collettività…" (art. 32 della Costituzione) nonché "il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione" (art. 9 della Costituzione). L' articolo 1 parla chiaro: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". All' articolo 2 della Carta Costituzionale si legge: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell' uomo, sia come singolo, sia nelle forme sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l' adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale". I valori naturalistici, storici, culturali del territorio non sono un patrimonio ingombrante che la storia ha avuto il torto di lasciarci in eredità, costituiscono altresì la risorsa primaria e prioritaria alla cui tutela, salvaguardia e conservazione va rigorosamente subordinata qualsiasi ipotesi di trasformazione e sviluppo. In relazione alla famigerata vicenda della discarica per rifiuti speciali (tossico-nocivi) di Orta Nova (progetto Agecos S.p.a.), il comitato "Salviamo la nostra Terra", espressione popolare dei 5 Reali Siti (Carapelle, Ordona, Orta Nova, Stornara, Stornarella) avanza alla Giunta Provinciale di Foggia le seguenti proposte risolutive, sulla base di una chiara e ineludibile sovranità popolare
1) Immediato annullamento delibera Giunta Provinciale n. 525/2005 per i motivi - falsi in atto pubblico, illegalità, illegittimità, danni ambientali, pericolo sanitario, eccettera – specificatamente indicati nel dossier redatto dal giornalista Gianni Lannes, intitolato "Orta Nova: sos discariche di rifiuti pericolosi" (allegato alla presente);
2) Bonifica (efficace e reale) in tempi rapidi (al massimo "3 mesi") delle discariche presenti in località Ferranti-Santo Spirito: due discariche di rifiuti del suddetto comune (inerti, rsu e perfino scorie speciali);
3) Esproprio in loco per fini di pubblica utilità dell' intera proprietà Agecos S.p.a. (f.lli Bonassisa), nonché della proprietà Di lascia (cava) e della discarica abusiva a cielo aperto di rifiuti tossico-nocivi di tale Ciaffa;
4) Indennizzo economico dell' Agecos S.p.a. (Rocco Bonassisa) a favore delle popolazioni dei 5 Reali Siti, pari a euro 3.500.000, motivato dalle truffe perpetrate dalla società Agecos S.p.a. a danno dei cittadini e degli enti locali, e dei danni ambientali e sanitari cagionati dalla medesima Agecos S.p.a ai residenti dei 5 Reali Siti;
5) Creazione nel noto sito di un Parco della Pace, un orto botanico, un auditorium musicale (tecnostruttura all' aperto) nonché di una pista ciclabile che metta in collegamento viario Carapelle, Ordona, Orta Nova, Stornara, Stornarella (su progetto dei giovani tecnici locali: geologi, architetti e ingegneri);
6) Piantumazione ai sensi della legge 113\1992 di un albero per ogni bambino nato nei 5 paesi ( Carapelle, Ordona, Orta Nova, Stornara, Stornarella).

Rifiuti, la Puglia mette a disposizione5discaricheEd1Inceneritore

Camion in partenza dalla Campania verso la Puglia. A Canosa sfila un corteo di protesta

Cinque discariche e un termovalorizzatore: è quanto la Puglia mette a disposizione del supercommissario De Gennaro per risolvere l´emergenza rifiuti in Campania। Accanto ai siti privati di Canosa, Grottaglie e Fragagnano, autorizzati a smaltire rifiuti speciali non pericolosi, ci sono anche quelli "Formica" di Brindisi e "San Michele" di Foggia. Anche l´impianto di Massafra potrebbe essere interessato per bruciare le ecoballe, comunque da trattare in loco.


A Canosa, intanto, è diventato un po´ più alta la voce della protesta. Ieri c´è stato un corteo nelle vie cittadine. Una protesta civile, cui hanno partecipato, oltre agli aderenti al locale forum ambientale, molti studenti che hanno risposto all´appello. A Grottaglie intanto la situazione sembra per ora tranquilla: davanti alle tende non è passato un solo camion. I cittadini sono però spaventati dall´emergenza che può durare più del tempo annunciato. E nell´elenco dei siti ci sono anche impianti a Foggia e a Brindisi.

«È il sistema Puglia che si farà carico della solidarietà alla Campania», aveva assicurato il governatore Nichi Vendola che ha ricevuto il sindaco di Canosa, Ventola e il presidente della Provincia di Bari, Divella. «Non possiamo mettere a disposizione le discariche dei rifiuti solidi urbani - ha detto Vendola - perchè sono tutte in esaurimento e la Puglia sta costruendo tutti gli impianti che devono servire, nel giro di questo anno, a completare il ciclo dei rifiuti ambito per ambito».

Nel dossier pugliese nelle mani del supercommissario Gianni De Gennaro ci sono anche alcune raccomandazioni. Come quella di destinare alla Puglia non più di 50mila tonnellate per tutti i quattro mesi dell´emergenza in Campania. E possibilmente evitare di conferire il "talquale", quello depositato sulle strade di cui la Campania ha urgente bisogno di liberarsi, ma ecoballe e rifiuti comunque pretrattati.

E voi cosa ne pensate? Siete d'accordo?
http://bari।repubblica.it/dettaglio/Rifiuti-la-Puglia-mette-a-disposizione-cinque-discariche-e-un-inceneritore/1413027 14-01-08

Sulle ali della guerra. Cresce l'Alenia a Foggia


Si inaugura oggi negli stabilimenti Alenia di Foggia la nuova linea produttiva per le ali dell’ F35, il cacciabombardiere di fabbricazione Usa, noto anche come Jsf [Joint strike fighter]. Lo stabilimento Borgo Incoronata, con la produzione dei Jsf, dovrebbe incrementare il numero di addetti che oggi è di novecento unità, fanno fatto sapere i militari responsabili del progetto. Il programma prevede l’entrata in servizio del primo aereo nel 2013, e una produzione totale di circa 3000 macchine destinate aI nove paesi coinvolti [Usa, Regno unito, Olanda, Canada, Australia, Norvegia, Danimarca, Turchia e ovviamente Italia, cui è destinato un lotto di ben 130 velivoli].
Il progetto bellico complessivo per la realizzazione degli F35, presentato nei mesi scorsi, prevede un contratto di 250 miliardi di dollari. Il governo Prodi ha scelto di diventare il terzo partner principale dopo Usa e Regno unito. Capo-commessa del progetto è la società statunitense Lockheed Martin, venti le aziende italiane coinvolte, capitanate da Finmeccanica.
I veivoli destinati all’Italia verranno assemblati a Cameri [Novara], dove la mobilitazione dei pacifisti ha sollevato le proteste anche di un’ampia parte del mondo cattolico: contro il progetto degli F35 si sono pronunciati più volte anche il vescovo di Alessandria, Fernando Charrier e l’arcivescovo di Pescara e presidente di Pax Christi Tommaso Valentinetti। Secondo la Rete Italiana per il Disarmo, una rete di una trentina di associazioni che riunisce realtà del mondo cattolico, laici e sindacati dei metalmeccanici [come Fim-Cisl e Fiom], la spesa complessiva per il nostro paese è di 20 miliardi di euro.


http://www.carta.org/campagne/pace+e+guerra/12616

GianniLannesInPiazzaAdOrtanovaNODISCARICA

Rifiuti Zero.Video da arcoirisTV






sabato 23 febbraio 2008

LA PIU’ GRANDE DISCARICA DI RIFIUTI TOSSICI

Si è costituito un Comitato cittadino, il più famoso quotidiano regionale ha inviato un cronista da Bari ed è uscita per due giorni col titolo in prima pagina e ampi servizi all’interno. La Regione si è decisa a mandare gli Ispettori e al momento non sappiamo quali altre conseguenze l’indagine giornalistica, portata avanti da Gianni Lannes, potrà sortire sull’eco-mostro di Giardinetto. La più grande discarica in Italia di rifiuti tossici industriali.

Un incubo per la salute dei cittadini della Capitanata, che si estende su 70 ettari di proprietà della Fantini e Figli. Che nonostante il sequestro della Magistratura, per i procedimenti giudiziari a suo tempo avviati, non sono mai stati messi in sicurezza e la cui influenza fa registrare un micidiale raggio d’azione, che raggiunge gli 80 km. di distanza.

Sala Consigliare del Comune di Troia affollata per l’incontro con Lannes, il giornalista autore dell’inchiesta sui rifiuti tossici ricevuti all’Ala-Fantini di Giardinetto. L’appuntamento promosso dal Comitato “Salute e territorio”, presieduto da Angelo Blasi, e dai consiglieri di minoranza Nicola Crucinio e Giovanni Aquilino, ha però registrato l’assenza completa dei sindaci dei Comuni del circondario, fatta eccezione del Dr. Edoardo Beccia sindaco di Troia, del vicesindaco Domenico La Salandra e dell’Assessore Matteo Cuttano. Così come l’assenza imbarazzante della Provincia di Foggia (presente il solo consigliere Vincenzo Brucoli – Prc a titolo personale) e quella snobistica della Comunità Montana, dato che il presidente Morra era presente ad altro incontro in una sala comunale adiacente.

Serata naturalmente vivace e drammatica in alcuni momenti. Soprattutto quando sono stati ricordati casi specifici di famiglie e persone colpite da tumori e perdite di affetti, con diagnosi collegabili alle esposizioni o assimilazioni di sostanze derivanti da materiale tossico e radioattivo.

Dalla relazione di Lannes è emerso che il primo rapporto sui rifiuti sospetti, del Ten. Col. Luigi Marino della Polizia Prov.le Ambientale, risale al 3 dicembre 1997. Che ci vollero due anni per porre sotto sequestro il sito e che, quando fu fatto, la Magistratura non ne dispose la messa in sicurezza. Che il processo in primo grado si concluse con condanne medie, che vennero poi annullate in appello per vizi di forma. E che, infine, la prescrizione è passata sull’intera vicenda come una gomma sul tratto della penna “replay”, con cui era stata scritta.

I rifiuti tossici accumulati a Giardinetto, invece, quelli non li può cancellare nessuno. Alla società di Fantini, nata per la molitura delle olive e finita per “smaltire” rifiuti altamente nocivi, essi sono arrivati dalle acciaierie e dalle industrie chimiche del Veneto, del Piemonte, della Lombardia, nonché dall’Enichem di Manfredonia. Per ragioni di convenienza anche dalla Germania (il loro smaltimento lì costa caro), e poi inspiegabilmente persino dalla lontana Corea del Sud.

Non ci siamo fatti mancare niente. Metalli pesanti, ceneri radioattive, fanghi contaminati, polveri dell’Enel, amianto, cadmio e cromo esavalente. 47mila tonnellate di rifiuti stoccati in maniera confusa, forse con scientifica approssimazione. 43 comuni a rischio. Ben 50 milioni di euro la spesa stimata per la bonifica eventuale. E dove li troviamo? “Parlare di tranquillità, in queste condizioni” riferiva un inviperito abitante della zona, “rischia di diventare inconsapevole e colpevole complicità”.

Tra tanto impotente smarrimento e il mare di amara delusione spunta l’esile e anomalo fiore di una novità. L’individuazione di nuovi interramenti, a circa 20 metri, non interessati dai precedenti provvedimenti della Magistratura, che potrebbero consentire la riapertura del procedimento giudiziario. E che questa volta potrebbe vedere Comuni e Amministrazione Provinciale costituirsi parte civile. In tal senso, i consiglieri presenti sono stati sollecitati dall’assemblea per portare l’istanza nelle rispettive sedi istituzionali e favorirne l’approvazione.

Stimolo raccolto senza esitazioni dal Consigliere Provinciale Brucoli, che nel suo intervento ha parlato di “Capitanata: terreno di saccheggio”, e puntando il dito verso l’industria in generale ha denunciato “il tasso di irresponsabilità dell’Impresa. Che beneficia dei Contratti d’Area e scarica il costo dello scempio paesaggistico sulla collettività. Per ben due volte: quando devasta e quando bisogna trovare le risorse per il risanamento eventualmente possibile”.

E’ intervenuto anche Domenico La Bella, sindaco di Troia all’epoca dell’inizio di tutta la vicenda. Ha espresso apprezzamento al lavoro di Lannes e pur riconoscendo una sorta di responsabilità oggettiva, che ricade sui rappresentanti istituzionali pro-tempore, ha precisato che: “L’Amministrazione Comunale non poteva controllare”, che apparentemente la documentazione formale esibita non dava adito a contestazioni, “le bolle d’accompagnamento erano a posto” e che “tra l’altro la normativa vigente poneva dei limiti all’azione comunale, in quanto il compito di controllo ambientale era assegnato all’Amministrazione Provinciale”.

Il Presidente Stallone era impegnato ad inaugurare la stagione dell’Operetta a Lucera e così, il sindaco Edoardo Beccia si è ritrovato solo, a fronteggiare le domande di Lannes e dell’uditorio. Ha confermato l’insediamento della Commissione Consiliare, che dovrà riferire entro febbraio le sue conclusioni. E alla richiesta di commissionare ad esperti uno studio epidemiologico, sulla realtà Giardinetto e dintorni, ha ribadito che: “Come uomo di Istituzioni il mio compito è quello di interessare, in prima battuta, gli organi pubblici formalmente competenti. A partire dalla ASL”. Dicendosi d’accordo, per guadagnare tempo e di fronte a una certa delusione della comunità, per i risultati fatti registrare finora da quegli organi sanitari, “di interessare l’Istituto Superiore di Sanità, per l’eventuale studio epidemiologico”.

Ma il botto finale è arrivato dall’ennesima rivelazione di Lannes: “I rifiuti continuano ad essere stoccati. Ci sono immagini dall’alto e testimonianze di operai, che indicano l’interramento di rifiuti sotto le pale eoliche”. Piove sul bagnato e lo sgomento ammutolisce. Ce n’era abbastanza, ormai, perché dicesse la sua anche il locale Comandante dei Carabinieri, il maresciallo Massimo Melillo. Che ha invitato Lannes ad essere più preciso e ad indicare di quali pale si stava trattando, ottenendo l’indicazione di Montecalvello.

E in un insolito intervento chiarificatore anche degli iter formali e delle competenze di intervento, sia in fase di indagine che in corso di processo penale, ha invitato i cittadini ad una maggiore collaborazione con le forze dell’ordine. Ad avere più fiducia nella divisa e nei servitori dello Stato che la indossano, “perché sono sicuro che molte delle cose raccontate a Lannes a me non le avrebbero raccontate”. Concludendo con un’esortazione che riteniamo onorevole e meritevole di concreto riscontro: “C’è bisogno di più coscienza civica. Non solo per questo drammatico e tragico problema, ma anche per ogni evento malavitoso e per ogni tipo di reato che quotidianamente interessano la nostra comunità”. Siamo tutti vittime, in sostanza, perciò: “Non guardiamo dall’altra parte, quando la vittima apparente è il nostro vicino”. Ed ha aggiunto: “Le porte della caserma sono aperte”.

Antonio V. Gelormini

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