lunedì 31 marzo 2008

Foggia realtà isolata?


31.03.08 - L'ultimo atto della giornata della legalità è stato l'intervento di Tano Grasso - presidente della federazione italiana antiracket - con una concreta proposta per creare anche nel territorio di Capitanata un'associazione che combatta l'estorsione mafiosa.
L'ex commissario antiracket, presente a Foggia dal Novembre '92 al '94 e dal '99 al '01, conosce bene la realtà nostrana. Infatti la sua venuta nell'agro foggiano coincide con l'omicidio di Giovanni Panunzio, imprenditore, assassinato perché opposto alla malavita locale, e da lui definito "figlio dell'isolamento e dell'indifferenza". Grasso ha spiegato come ai funerali dell'imprenditore le autorità locali non fossero presenti; ma grazie al suo intervento e al costituirsi come parte civile è stato possibile istituire un processo che ha portato alla cattura degli assassini. E' questo il punto di partenza della tesi "possibilistica" di Grasso: la malavita locale, secondo lui, non è fortemente radicata come in contesti siciliani o campani, per cui debellare questo fenomeno non è impresa troppo ardua. Egli infatti, sostiene che il male più grande è considerare l'estorsione come un qualcosa con la quale convivere.
PERCHÉ UN ASSOCIAZIONE A FOGGIA
Grasso ha cercato di convincere i presenti che non bisogna nascondersi dietro l'inefficienza statale o dietro la paura, perché questo è un atto negativo che alimenta le mafie e toglie denaro spettante ai cittadini. Oltre la motivazione ideologica Grasso adduce giustificazioni pratiche che sono servite altrove nella lotta al racket. Dice che in diciotto anni di vita della FAI - Federazione Italiana Antiracket - non c'è mai stata violenza contro chi ha sporto denuncia (a differenza del caso Panunzio, che è rimasto senza aiuti). Inoltre sono cambiati i sistemi di tutela e prevenzione per i commercianti/imprenditori: in primo luogo l'anonimato della vittima, e una maggiore professionalità e sensibilità delle forze dell'ordine nell'affrontare il problema ( perché c'è bisogno di una relazione personale con la vittima molto più approfondita rispetto ad altro tipo di reati).
Ciò che resta d'importante e prioritario è sconfiggere, soprattutto nel nostro territorio, un determinato atteggiamento: quello di colpevolizzare le istituzioni senza pensare di dover essere noi stessi a fare il primo passo, denunciando chi ci opprime e così recuperando la nostra libertà.

Approfondisci: www.antiracket.it

Di Giuseppe Barrassi e Laura Pupillo

1 commento:

Unknown ha detto...

dovremmo unire le forze sempre prendendo esempio da realtà che non sono neanche troppo distanti da noi. l'arma a nostra disposizione è la parola, l'informazione.
a proposito, che fine ha fatto Bonassisa?